
“Esistono tre tipi di despota. C’è il despota che tiranneggia il corpo, c’è il despota che tiranneggia l’anima. C’è il despota che tiranneggia sia l’anima che il corpo. Il primo viene chiamato principe, il secondo papa, il terzo popolo”
La frase è di Oscar Wilde e viene sempre in mente quando si ricorre al “popolo” per giustificare operazioni o scelte che democratiche non sono.
Il senso dell’aforisma sarebbe ampiamente giustificato da tutto ciò che oggi sta succedendo nei nostro paese, dove una classe politica, non più all’altezza della situazione, per bassi fini strumentali e di comodo, corre dietro alle isterie e suggestioni collettive di una popolazione che pretende di smantellare ordinamenti giuridici e sociali, convinzioni morali, che (pensavamo definitivamente) nel corso degli anni si sono imposti nelle nostre coscienze e nei modi di vita.
Abbiamo dovuto attendere molti secoli, troppi, per liberare il mondo dalla schiavitù sociale ed economica: i despoti al potere hanno fatto di tutto per contrastare nel corso della storia l’avanzata ed il riscatto delle classi subalterne. Rinascimento, illuminismo e rivoluzioni del XX secolo hanno inferto colpi, se non mortali, abbastanza consistenti al privilegio, allo sfruttamento ed all’assolutismo. Anche se la strada da fare è ancora lunga.
E quanti secoli abbiamo dovuto attendere per abbattere il fondamentalismo religioso, liberando la mente umana, l’anima, dai vari condizionamenti pseudoculturali e paure ancestrali che tenevano nell’ignoranza la stragrande maggioranza delle popolazioni, succubi di sistemi filosofici e morali che imponevano alle stesse la tolleranza e la rassegnazione. La guerra non è ancora vinta del tutto, ma grossi passi in avanti sono stati, indubbiamente, fatti.
Quindi a questo punto, quando abbiamo raggiunto la convinzione che i passi fatti in avanti siano, ormai, irreversibili, scopriamo che un despota, altrettanto pericoloso, rischia di tiranneggiare la società civile materialmente e spiritualmente: il popolo, anzi, più precisamente, l’opinione pubblica.
Non ci venite a dire che questi sono i “rischi della democrazia”, è uno slogan abbastanza desueto, ormai sufficientemente contraddetto dalla storia e dalla logica.
Coltivare l’odio razziale, la paura e la ripugnanza per il diverso è sinonimo di ignoranza, ma è anche il presupposto per una tirannia spietata che può portare anche a catastrofi inimmaginabili. Non sto qui a ricordare tutti gli stermini e le persecuzioni avvenuti nel corso della storia con il sostegno determinante di popoli che ritenevano di ricavare chissà quali vantaggi. Hitler (il caso più emblematico dell’era moderna) arrivò al potere mediante “libere elezioni” e con un programma di pulizia etnica ed antiebraica non molto alternativo rispetto a proposte che oggi trovano spazio nei “dibattiti” di casa nostra.
E, naturalmente, la “classe politica” più che porre dei freni al dilagare di queste immoralità, pensa bene di trarne i dovuti frutti, cavalcando la tigre. Sono finiti i tempi delle ideologie, oggi i partiti sono “spa” dedite al profitto, al tornaconto personale e basta.