Può servire ricordare che siamo un popolo appartenente ad una stessa nazione, ad una stessa patria, con un passato ed un futuro condivisibili? Io credo che sia tutto relativo e bisogna tenere distinti i diversi registri di analisi e valutazione.
Più si avvicina la data del 17 marzo e più il dibattito e, (forse più) le polemiche si fanno stringenti. I festeggiamenti per il centenario dell’unità d’Italia me li ricordo bene: troppo vicini a quel tempo gli echi della guerra e le conseguenze del ventennio fascista, ma si stava uscendo da un tunnel e bisognava necessariamente mantenere un minimo di compattezza, dal momento che i problemi erano tanti anche se diversi da quelli di oggi, non fosse altro per i protagonisti storici del tempo.
Oggi viene messa perfino in discussione la necessità di festeggiare la ricorrenza dell’unità d’Italia con la giustificazione che ci sono altri problemi sul tappeto e con la scusante che questa “unità” non è stata tanto bene costruita ed accolta.
Un minimo di verità lo possiamo benissimo cogliere in entrambi gli argomenti, ma non possiamo ammettere che coloro i quali vogliono confutare i contestatori del Risorgimento lo facciano con argomenti in disuso, tali e quali a quelli che furono usati per imporre con la forza l’ ”annessione” ai Savoia di tutto il resto d’Italia. Si, sarebbe proprio il caso di parlare chiaro e chiamare le cose con il loro nome. Perché la lotta risorgimentale si ridusse ad una campagna di conquista dell’esercito piemontese nei confronti delle popolazioni meridionali; popolazioni necessarie a fornire mano d’opera a basso costo per le industrie del nord e con tanto di occupazioni militari, spietate repressioni verso contadini inermi e leggi capestro per evitare ogni cambiamento reale.
E’ apprezzabile lo sforzo di Roberto Benigni e di altri di contestare ogni pregiudizio della Lega Nord e delle loro becere proposte razziste, ma non lo si può fare con i soliti argomenti propagandistici che fanno affidamento su un nazionalismo superato. Le popolazioni, sia del nord che del sud, hanno a cuore più le loro condizioni materiali di sopravvivenza piuttosto che la retorica sciovinista sullo Stato e la Nazione; superare la crisi facendola pagare ai signorotti che approfittarono del Risorgimento per aumentare i loro profitti e garantire il normale esercizio dello stato di diritto sono i punti essenziali per consolidare le basi di una società; diversamente un popolo non può fare altro che affidare i propri destini e le proprie possibilità di sopravvivenza a primo capopopolo che si affaccerà sulla scena, da qualsiasi parte provenga.